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Scomparso

Francesco Narducci

Edizione:2003/2004
Data pubblicazione:16/02/2004

"Ti facciamo fare la fine del medico morto nel lago", questa la frase di una telefonata intercettata che avrebbe dato l'avvio alle indagini sulla morte di Francesco Narducci e l'ipotesi di uno scambio di cadaveri. Per questa vicenda sarebbero stati emessi sei avvisi di garanzia a persone accusate di essere coinvolte in una presunta macchinazione per coprire la verità sulla morte del giovane medico perugino. Tra di loro ci sarebbe perfino perfino il questore dell'epoca , Francesco Trio che ai microfoni del Tgr Rai dell'Umbria, ha respinto con decisione ogni addebito.

La mattina del 13 ottobre 1985, dopo 5 giorni dalla scomparsa, nelle acque del lago Trasimeno, tra l'isola Polvese e il paese di Sant'Arcangelo, a pochi km da Perugia, viene avvistato il corpo di un annegato. Si dirà che è quello di Francesco Narducci, un giovane medico di 36 anni, sposato, appartenente ad una delle più note famiglie perugine. Nel giugno del 2002 la Procura di Perugia, dopo una serie di indagini, fa aprire la tomba di Francesco Narducci e ordina che venga  eseguita la riesumazione, disponendo contemporaneamente l'autopsia e altri esami. Il 20 dicembre successivo vengono consegnati i risultati delle perizie: Francesco Narducci non sarebbe morto annegato ma sarebbe stato ucciso e l'uomo rinvenuto nel lago e riconosciuto 17 anni prima sarebbe un'altra persona. Per gli inquirenti quel cadavere sconosciuto sarebbe stato intenzionalmente scambiato per nascondere una qualche verità. Poiché il corpo riesumato nel 2002 è certamente quello di Francesco Narducci, la sostituzione sarebbe doppia. Di diverso parere la famiglia Narducci che, sulla scorta delle perizie di parte, e per bocca dell'avv. Brizioli, sostiene che il medico è morto per una disgrazia o per un gesto autolesionistico e il corpo esaminato sul molo del lago Trasimeno nel 1985 era proprio quello del loro congiunto.
Per gli inquirenti, questo omicidio sarebbe la chiave del mistero dei delitti attribuiti al cosiddetto Mostro di Firenze. Il 18 gennaio 2004, Michele Giuttari, capo del gruppo investigativo sugli omicidi seriali, ha disposto una perquisizione nell'abitazione di un farmacista di San Casciano Val di Pesa in pensione, Francesco Calamandrei, insieme al quale sono indagati per associazione a delinquere e concorso in omicidio un professore universitario, un avvocato e un imprenditore. Secondo l'ipotesi investigativa i quattro avrebbero pagato Pacciani e suoi complici per gli omicidi e per ottenere i feticci delle vittime. Secondo quanto riportato da alcuni giornali, testimoni avrebbero parlato di rapporti e complicità tra Calamandrei e Narducci, mentre la famiglia di quest'ultimo smentisce categoricamente la semplice conoscenza tra i due. Anche l'esistenza di una ultima lettera di Narducci è stata esclusa dal legale della famiglia, giustificando il passaggio a casa il pomeriggio dell'8 ottobre 1985 con l'esigenza da parte del medico perugino di assumere un farmaco di cui faceva uso costante.

  • 29 marzo 2004

    Oltre a Francesco Narducci, un altro medico ha concluso tragicamente i suoi giorni al lago Trasimeno. Si tratta di Gianpiero Puletti, 52 anni, sposato con tre figli, specializzato in odontoiatria, che si è suicidato in un piccolo terreno di sua proprietà in riva al lago il 28 febbraio 1995. Il medico era rimasto vittima di giro di usura legato al gioco d'azzardo a Perugia. L'intercettazione telefonica da cui erano partite le indagini sulla morte di Narducci era stata effettuata nell'ambito di una vicenda di usura, problema che non ha mai toccato la vita di Narducci. La vicenda del dott. Gianpiero Puletti ha suscitato delle perplessità, specialmente nella famiglia, per l'impunità dei responsabili della sua morte, da ricercare forse in ambienti locali molto influenti. In particolare la moglie lamenta di non essere mai stata ascoltata dal magistrato che aveva aperto un inchiesta per istigazione al suicidio da usura. La signora ha dichiarato anche di essere ancora in possesso di elementi importanti che non le sono mai stati richiesti.

  • 22 novembre 2004

    Nel giugno del 2002 la Procura di Perugia ha ordinato la riesumazione della salma di Francesco Narducci, disponendone l'autopsia. Il 20 dicembre dello stesso anno sono stati consegnati i risultati degli esami. Per i periti, Francesco Narducci non sarebbe annegato ma sarebbe stato ucciso. Il corpo rinvenuto nel lago e riconosciuto come quello di Francesco Narducci, sarebbe stato quello di un'altra persona non ancora identificata, inizialmente utilizzato per nascondere una qualche verità imbarazzante. Una volta accertato l'annegamento, il corpo sarebbe stato fatto sparire e al suo posto sarebbe stato tumulato il vero Francesco Narducci. Secondo gli inquirenti, il corpo del medico sarebbe stato trovato il 9 ottobre 1985, incaprettato, all'Isola Polvese. Quindi sarebbe stato nascosto e il 12 ottobre seguente sarebbe entrato in scena il secondo cadavere.
    Già l'8 ottobre la famiglia avrebbe saputo che Francesco Narducci era stato ucciso e avrebbe taciuto per nasconderne il coinvolgimento nelle vicende del mostro di Firenze. L'ipotesi è che tra il professor Ugo Narducci, padre di Francesco, e Francesco Trio, allora questore di Perugia, ci fosse un patto per nascondere le vere ragioni della morte del medico. Sia Francesco Trio che Francesco di Carlo, ex comandante dei Carabinieri di Perugia, sono stati raggiunti da un avviso di garanzia perché avrebbero contribuito in diversa misura a nascondere la verità impedendo l'autopsia. Il padre e il fratello del medico perugino sono accusati di aver manovrato fin dalla sera della scomparsa, l'8 ottobre 1985, nonché di aver fatto sparire la lettera lasciata da Francesco Narducci nella villa di San Feliciano. Anche la sorella di Narducci sarebbe stata indagata, in quanto avrebbe saputo da un veggente che il fratello sarebbe stato coinvolto nei delitti del mostro di Firenze.
    Lo stesso avv. Alfredo Brizioli, legale della famiglia Narducci, sarebbe accusato di aver svolto un'attività sospetta nelle acque del lago dal giorno successivo alla scomparsa del medico e di aver esercitato atti d'intimidazione nei confronti della stampa. Secondo l'accusa, Francesco Narducci frequentava assiduamente San Casciano, dove avrebbe avuto a disposizione anche un'abitazione e dove avrebbe intrattenuto amicizie con personaggi già coinvolti nelle indagini sul mostro di Firenze.

  • 9 novembre 2009

    E' stato il professore Errico Signorini, radiologo, ad essere sentito nell'ambito dell'udienza preliminare in corso davanti al gup di Perugia Paolo Micheli per presunte irregolarità compiute in occasione del ritrovamento del cadavere del medico perugino Francesco Narducci. Un procedimento che coinvolge a vario titolo 22 imputati tra familiari del gastroenterologo, pubblici ufficiali, appartenenti alle forze di polizia e altri soggetti. Tra i reati contestati a vario titolo quello di falso, omissione d'atti d'ufficio, occultamento di cadavere.  Il professor Signorini, che nel 2002 prese parte come consulente radiologico della famiglia Narducci (attualmente difesa dall'avvocato Francesco Falcinelli) all'accertamento tecnico sul cadavere, è stato sentito oggi in aula su istanza delle difese di due degli imputati, Alfredo Brizioli (difeso dagli avvocati Giovanni Spina e Luciano Ghirga) e Francesco Trio (difeso dall'avocato David Zaganelli). ''Il dato obbiettivo che rileva Signorini - ha spiegato l'avvocato David Zaganelli – è che quando il cadavere di Narducci è stato sottoposto a tac, prima dell'esame autoptico, i cornetti della tiroide sono risultati assolutamente integri e questo è un dato inscalfibile. Ancorare la prova dell'omicidio a questa frattura millimetrica significa farlo su un dato che non esiste''. Di diverso avviso l'avvocato Francesco Crisi, legale di parte civile della vedova Francesca Spagnoli, secondo il quale ''all'esito dell'audizione di oggi resta assolutamente non confutata e valida l'ipotesi che la morte di Narducci si sia verificata in relazione a una modalità lesiva tipica dello strozzamento, ovvero mediante applicazione protratta e di intensità crescente della forza, al fine di attuare la costrizione del collo''.Sempre nel corso dell'udienza di oggi la difesa di Francesco Trio ha chiesto nuovi accertamenti su una fotografia che venne scattata dal fotografo del quotidiano 'La Nazione' sul pontile di Sant' Arcangelo al momento del ritrovamento del cadavere. La difesa ha anche chiesto di disporre l'audizione di cinque persone che erano sul molo il giorno del ritrovamento. Eccezione di incompetenza territoriale e' stata proposta invece dalla difesa di un altro degli imputati, Luigi Ruocco. Richieste sulle quali il gup Micheli scioglierà la riserva il 22 dicembre prossimo, data della prossima udienza. Secondo l'accusa (pubblico ministero Giuliano Mignini) il cadavere ripescato sul molo di Sant'Arcangelo il 13 ottobre 1985 non era quello del medico perugino. La parte centrale dell'inchiesta riguarda una presunta associazione per delinquere della quale sarebbe stato promotore e organizzatore Ugo Narducci, padre del medico trovato morto. Il sodalizio avrebbe operato - secondo la ricostruzione accusatoria - dal giorno della scomparsa del gastroenterologo fino a dopo il luglio del 2004 per cercare di sviare gli accertamenti sulla morte. In particolare per evitare che si ipotizzasse un omicidio legato alle vicende del cosiddetto ''mostro di Firenze''. Secondo il pm Giuliano Mignini Narducci sarebbe stato in qualche modo legato almeno agli ultimi quattro duplici omicidi avvenuti in Toscana. I familiari di Narducci hanno sempre sostenuto, invece, che il medico era del tutto estraneo alle vicende del ''mostro di Firenze'' e che morì per un evento accidentale o perché suicidatosi nelle acque del lago Trasimeno.

  • 22 dicembre 2009

    Il gup di Perugia Paolo Micheli ha respinto tutte le eccezioni presentate dalle difese nell'udienza preliminare a carico di 22 imputati accusati a vario titolo di presunte irregolarità compiute in occasione del ritrovamento del cadavere del medico perugino Francesco Narducci. Il giudice ha quindi rinviato il procedimento al 22 febbraio prossimo quando comincera' la requisitoria del pubblico ministero Giuliano Mignini. Il magistrato proseguira' il suo intervento anche il giorno successivo. Subito dopo cominceranno gli interventi dei legali di parte civile e quindi quelli dei difensori. Nell'udienza preliminare sono coinvolti 22 tra familiari del gastroenterologo, pubblici ufficiali, appartenenti alle forze di polizia e altri soggetti. Tra i reati contestati a vario titolo quelli di falso, omissione d'atti d'ufficio e occultamento di cadavere. Tutti gli imputati hanno sempre sostenuto la correttezza dei loro comportamenti.

  • 22 gennaio 2010

    Il Tribunale di Firenze ha condannato il pm di Perugia, Giuliano Mignini e il poliziotto Michele Giuttari, rispettivamente a un anno e quattro mesi e un anno e sei mesi per abuso d'ufficio in concorso. La vicenda è collegata a uno dei filoni d'indagine sui delitti del mostro di Firenze. Giuttari è stato capo del Gides (Gruppo investigativo delitti seriali) che ha condotto le indagini sugli omicidi delle coppiette, in collaborazione con le procure di Perugia e Firenze. Secondo l'accusa, il pm e il poliziotto avrebbero svolto indagini su giornalisti e funzionari delle forze dell'ordine per condizionare la loro attività nell'inchiesta perugina sulla morte del medico umbro Francesco Narducci, trovato morto annegato nel 1985 nelle acque del Lago Trasimeno. Mignini è il titolare, tra le altre, dell'inchiesta sull'omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher.

  • 22 novembre 2011

    La Corte d'Appello di Firenze ha dichiarato l'incompetenza territoriale fiorentina per quanto riguarda il procedimento a carico del pm di Perugia Giuliano Mignini e il funzionario di polizia Michele Giuttari. La Corte d'Appello ha quindi annullato la sentenza di primo grado con cui nel gennaio del 2010 Mignini e Giuttari vennero condannati rispettivamente ad un anno e 4 mesi e a 6 mesi per abuso d'ufficio in concorso. La vicenda è collegata alle indagini perugine legate al mostro di Firenze. La Corte d'Appello ha quindi disposto la trasmissione degli atti alla Procura di Torino, competente perché fra le persone offese nel procedimento fiorentino c'é un magistrato di Genova. Mignini è stato il magistrato titolare a Perugia dell'inchiesta sulla morte del medico Francesco Narducci, che la Procura umbra riteneva collegata alle vicende del mostro di Firenze. Giuttari era il poliziotto che si occupava delle indagini.