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Scomparso

Francesca Moretti

Edizione:2000-2001

Francesca Moretti, 29 anni, è morta il 22 febbraio 2000 all’ospedale San Giovanni di Roma. Secondo i risultati dell’autopsia, la giovane donna era stata avvelenata col cianuro. Laureata in sociologia ad Urbino, Francesca si era trasferita nella capitale, dove viveva a San Lorenzo in un appartamento che divideva con Daniela Stuto, 26 anni, studentessa di psicologia, e con Mirela Nistor, rumena, cameriera in un ristorante. Da due anni lavorava nel campo nomadi del Casilino 900, e lì aveva conosciuto Graziano Halilovic, sposato e con cinque figli. Tra i due era nata una relazione, di cui era a conoscenza la moglie di Graziano. Dall'agosto del 1999 la ragazza era disoccupata. L’8 gennaio 2001 Daniela Stuto è stata arrestata con l’accusa di aver somministrato una dose letale di cianuro all’amica nella minestra al formaggino che le aveva preparato. Il movente dell’accusa sarebbe la gelosia, maturata dalla decisione di Francesca di andare a vivere con Graziano. Il giorno dopo le sono stati concessi gli arresti domiciliari. La stessa famiglia di Francesca non crede alla colpevolezza di Daniela. Secondo diverse testimonianze, Francesca sarebbe stata ripetutamente minacciata dalla moglie di Graziano. La giovane donna, pochi giorni prima di morire, aveva raccontato alle amiche di aver intravisto un’ombra scura in casa attraversare il corridoio che porta in cucina. Diversi giorni prima, qualcuno aveva rubato la borsa di Mirela, e quindi poteva disporre delle chiavi dell’appartamento, visto che la serratura non era stata cambiata. Qualcuno potrebbe essersi introdotto in casa furtivamente e aver messo il veleno nelle medicine – antinfiammatori e antidolorifici - che Francesca assumeva per curarsi una lombosciatalgia di cui soffriva?

  • 16 giugno 2003

    La prima Corte D'Assise d'Appello di Roma, presieduta da Antonio Cappiello, lo scorso martedì 3 giugno ha confermato la sentenza di assoluzione per Daniela Stuto emessa dalla Corte D'Assise il 10 aprile del 2002 per non aver commesso il fatto. Il procuratore generale, che rappresenta la pubblica accusa in questo secondo grado di giudizio, aveva chiesto l'assoluzione dell'imputata. La dottoressa Lina Cusano, pubblico ministero nel processo di primo grado, che aveva chiesto 25 anni di reclusione per la Stuto, aveva presentato ricorso contro la prima sentenza di assoluzione, ma il procuratore generale, analizzati tutti gli atti, ha invece riconfermato la totale innocenza dell'imputata. Il procuratore generale Alberto Cozzella ha infatti spiegato: "Non erano sufficientemente concreti gli elementi probatori posti a base della richiesta del pubblico ministero in primo grado. Io ho privilegiato, ho ritenuto più condivisibile, la tesi sostenuta dalla Corte. L'avvocato Fiorangelo Marinelli, legale di Daniela Stuto, ha commentato: "La circostanza che il procuratore generale, che faceva funzioni di pubblico ministero in questo procedimento, chiede la conferma di assoluzione della sentenza di primo grado riconoscendo con franchezza, con grandissimo equilibrio, il suo disaccordo con il suo collega pubblico ministero di primo grado è la conferma più evidente della solidità e del modo articolato con cui è stata emessa la sentenza di primo grado. La circostanza che il procuratore generale chieda l'assoluzione esclude che possa esserci un ulteriore grado di giudizio, e questo per Daniela è fondamentale, vuol dire che finalmente oggi abbiamo tirato giù la saracinesca su questo incubo". Daniela Stuto ha però sottolineato: "E' stata una grande emozione, perché sentir fare da un procuratore generale quasi un atto difensivo nei miei confronti è stato molto forte. Però mi ha suscitato anche un po' di rabbia perché era una cosa dovuta, che mi si doveva da molto tempo. Io invece ho dovuto patire questi 15 mesi di arresti domiciliari, ho dovuto patire un giorno e una notte di carcere, ho dovuto patire gli articoli di giornale su di me che hanno leso in modo quasi irrimediabile, secondo me, la mia dignità. Perché non sarà un articolo di domani, che parlerà della mia assoluzione, a riabilitare la mia vita".

  • 15 luglio 2002

    La Seconda Corte d'Assise di Roma, presieduta dal dottor Mario D'Andria, ha depositato le motivazioni della sentenza di assoluzione di Daniela Stuto. "L'impianto accusatorio - si legge - sul quale è stato fondato il provvedimento che ha limitato la libertà dell'imputata per oltre quindici mesi, si è rivelato destituito di fondamento". Non c'era alcuna prova, dunque, per fare di Daniela Stuto l'assassina di Francesca Moretti. Tra le motivazioni dell'assoluzione, il fatto che nell'ora dell'avvelenamento non c'era l'imputata, ma Mirela Nestor, la terza coinquilina. Questo, secondo il collegio, non vuol dire che l'accusa debba essere rivolta nei confronti di Mirela. E' possibile anche che il veleno possa essere stato portato in casa da un'altra persona, e che successivamente sia stato ingerito da Francesca, inconsapevolmente, camuffato forse in un alimento. Pochi giorni prima di morire la ragazza aveva ricevuto in dono dal fidanzato una scatola di cioccolatini di cui non è mai più stata trovata traccia. Nella richiesta di condanna a venticinque anni per l'imputata, il pubblico ministero sosteneva che in mancanza di un qualunque movente, i motivi del crimine andavano ricercati nella particolare e fragile condizione psicologica di Daniela. Nelle motivazioni della sentenza di assoluzione si parla invece di ipotesi inconsistenti, di moventi fantasiosi, di presunte bugie che al processo si sono rivelate come altrettante verità. Ed infine, sullo stato depressivo e sulla personalità dell'imputata, "si sono fatte da parte dell'accusa veri e propri voli pindarici, immaginando un soggetto sostanzialmente folle, capace di sdoppiarsi tra espressione di generosità, dolcezza ed altruismo, ed atti mostruosi. Questo personaggio è stato però costruito ed ideato sulla base di elementi privi di reale consistenza e sintomaticità. In conclusione, tutto ciò che è emerso dalla complessa e approfondita istruttoria dibattimentale volge univocamente a favore dell'imputata e vale a dimostrare senza alcun dubbio la sua completa innocenza".

  • 15 aprile 2002

    Il 10 aprile 2002 la seconda corte d'assise di Roma ha assolto Daniela Stuto "per non aver commesso il fatto". Daniela - in una lunga intervista rilasciata a "Chi l'ha visto?" - ha raccontato come ha vissuto i quindici mesi durante i quali è stata coinvolta in questo incredibile caso giudiziario. "Sembra una cosa stupida, ma aspettavo il martedì perché sapevo che guardando la vostra trasmissione il mio morale si sarebbe sollevato, perché non avrei ascoltato falsità, ed era un gran conforto. Per molti giornali io ero già colpevole il giorno che mi hanno arrestato". Daniela ha ricordato quel giorno, l'otto gennaio del 2001: "Erano le cinque e mezzo di mattina, stavo dormendo quando ha suonato il citofono. All'inizio mi sentivo paralizzata, ma avevo la certezza che si trattasse di un equivoco, che in poche ore sarebbe finito tutto". Il momento più difficile, quando dopo la nuova perizia - quella del settembre 2001 ordinata dal Gip, che dimostrava l'impossibilità che il cianuro fosse stato messo nella minestrina preparata da Daniela - la giovane si aspettava di essere rimessa in libertà, e invece.. "il pm chiese che io tornassi in carcere. Mi spaventai, pensai: allora non si vuole cercare la verità". La rinuncia alla scarcerazione per decorrenza dei termini, nel gennaio del 2002: "Non l'avrei mai accettata. Ero disposta a rimanere ancora chiusa in casa per mesi, senza poter parlare con nessuno, ma io da questa storia dovevo uscire in modo chiaro, limpido, forte. Era importante per la mia dignità". "Il 10 aprile ho atteso la sentenza in apnea, poi non ho capito più niente... Finalmente, tardi, giustizia è stata fatta. Quella che provo adesso è tanta rabbia

  • 9 aprile 2002

    Durante la settima udienza del "processo al cianuro" Daniela Stuto, l'imputata, ha ricostruito i suoi movimenti del giorno in cui è morta Francesca. Ha confermato le dichiarazioni rese fin dall'inizio al commissariato di San Lorenzo, ribadendo orari e spostamenti. Ha sostenuto, come sempre, che alle quattro di pomeriggio Francesca aveva la faccia di una persona che stava male da cinque giorni, ma non presentava assolutamente quel colorito cianotico che avrebbe visto successivamente sul viso dell'amica alle 17:25, cioè quando, tornando a casa dopo aver fatto la spesa, l'aveva trovata straziata da lancinanti dolori. Il pm le ha chiesto di riferire sui suoi rapporti con Graziano Halilovic, il fidanzato rom di Francesca, che aveva parlato di presunte avances che lei gli avrebbe rivolto. Bugie, ha risposto la ragazza. Era stato lui, dopo la morte di Francesca, a volerla incontrare, e a rivolgerle diverse domande sugli avvenimenti di quella giornata. A proposito delle sue tendenze lesbiche, dedotte da un'intercettazione telefonica in cui Daniela aveva usato l'espressione "facciamo zin-zin" con un'amica, la giovane ha spiegato che si trattava di solo di un'espressione spiritosa; uno scherzo dunque, e non una situazione morbosa come era stato prospettato. La gelosia lesbica potrebbe rappresentare, secondo l'accusa, uno dei possibili moventi dell'omicidio di Francesca. Nell'ottava udienza, che si è tenuta il 9 aprile, Daniela Stuto ha espresso con forza e commozione tutta l'amarezza maturata durante quindici lunghi mesi nei quali è rimasta agli arresti domiciliari. Una amarezza diventata ancora più profonda quando è venuta a sapere che la famiglia Moretti si era costituita parte civile contro di lei, quando invece più volte aveva dichiarato di essere totalmente convinta della sua innocenza. Ma la maggiore delusione - ha detto la ragazza - è legata ad un avvenimento dello scorso settembre: i risultati della perizia ordinata dal Gip dimostravano che lei non poteva essere responsabile della somministrazione del veleno. Nonostante questo, non c'è stato nessun cambiamento di rotta. E lei è dovuta rimanere agli arresti, con la terribile accusa di aver ucciso la sua amica.

  • 25 marzo 2002

    Il 19 marzo si è svolta la quarta udienza del processo contro Daniela Stuto. Sono stati ascoltati i familiari di Francesca Moretti; sua sorella Claudia ha ricordato di aver letto il diario appoggiato sul comodino che fu successivamente preso dalla madre e distrutto. Ha ricordato di essere rimasta molto colpita dal fatto che Graziano Halilovic una volta aveva colpito Francesca con un pugno. Claudia ha escluso che sua sorella fosse depressa e avesse intenzione di suicidarsi. Francesca, stanca dei continui rinvii della partenza con Graziano, stava per trasferirsi a Pesaro, dove stava cercando un lavoro. Claudia ha ricostruito gli avvenimenti che seguirono la morte di sua sorella. Ha sottolineato il suo stupore nel ricordare che a ventiquattro ore dalla morte, quando si era recata a prendere gli effetti personali della giovane, la sua camera era in ordine, ma sotto il letto aveva trovato una fialetta vuota. Durante la quinta udienza ha testimoniato lo zio di Daniela, Litterio D'Arrigo. Nel garage della sua abitazione a Lentini era stato sequestrato un bidone con su scritto "cianuro". L'anziano falegname ha ricordato che quel fusto vuoto l'aveva trovato vicino ad un cassonetto nel 1982, quando Daniela aveva dieci anni. Quel bidone, molto resistente al calore, era stato sempre usato per preparare le bottiglie con la passata di pomodoro. Alla cugina di Daniela, Giusi, è stato chiesto di spiegare una frase pronunciata durante una telefonata. In quella occasione Daniela le avrebbe chiesto di non riferire i dettagli della morte di Francesca alla zia, altrimenti quella l'avrebbe fatta arrestare. Giusi ha spiegato che sua madre è anziana e chiacchierona, che dalle briciole è capace di tirar fuori pagnotte: quella espressione era semplicemente un modo scherzoso di parlare tra loro. L'ultima testimonianza è stata quella di un dirigente dell'Ente di sviluppo agricolo siciliano, a cui è stato chiesto di spiegare come veniva usato il cianuro negli agrumeti e fino a quando. Ha risposto che le fumigazioni per combattere la cocciniglia furono sospese nel 1990 a causa degli alti costi.

  • 12 marzo 2002

    Il 4 marzo si è svolta la terza udienza del processo a carico di Daniela Stuto. Durante l'udienza è stato ascoltato l'agente Altobelli, di guardia al pronto soccorso dell'ospedale quel 22 febbraio del 2000. L'uomo ha dichiarato che quando Daniela era stata informata della morte della sua amica avrebbe detto piangendo: "Non siamo riuscite ad impedirle di suicidarsi, già ci aveva provato altre volte". Ma nel fonogramma firmato dall'agente la sera della morte di Francesca, non si faceva alcun riferimento agli altri tentativi di suicidio, come invece verbalizzato otto mesi dopo al commissariato di San Lorenzo. L'imputata ha precisato che in quei drammatici momenti lei aveva parlato dell'eccesso di assunzione di farmaci, "molti più di quelli prescritti dal medico". Sul banco dei testimoni è salito anche Graziano Halilovic, il fidanzato di Francesca. Da tre mesi la ragazza attendeva di fuggire assieme a lui. L'uomo ha ricordato un incontro con Daniela avvenuto in una birreria dopo la morte di Francesca. Graziano avrebbe notato degli atteggiamenti strani: aveva avuto l'impressione che lei volesse "provarci". A proposito delle minacce di sua moglie, l'uomo ha affermato che si trattava solo di parolacce; ha aggiunto che i suoi rapporti con Venetu, un suo nipote che frequentava l'appartamento delle ragazze, erano del tutto normali. Graziano ha poi ammesso di aver letto alcune pagine del diario di Francesca - quel diario poi bruciato dalla mamma - il giorno dopo la sua morte. Ma ha dichiarato di non ricordarne il contenuto. Antonella Pirini, amica di Francesca, ha però ricordato che Venetu fu cacciato da Graziano dalla casa delle ragazze, perché faceva la corte alla sua fidanzata. Mirela Nistor, l'altra ragazza che viveva nell'appartamento di San Lorenzo, ha dichiarato di aver saputo dalla sorella di Francesca che nel diario lei parlava di schiaffi e di un pugno ricevuto da Graziano mentre stavano facendo l'amore. Nelle prossime udienze saranno riascoltati i periti nominati dal giudice delle indagini preliminari.

  • 5 marzo 2002

    Il 21 febbraio a Roma nell'aula bunker di Rebibbia presso la seconda Corte d'Assise, si è svolta la prima udienza del processo a carico di Daniela Stuto, accusata di aver ucciso la sua amica Francesca Moretti. Il primo testimone al processo è stato Miracapillo, l'ispettore del commissariato San Lorenzo, che ha parlato a lungo delle indagini e ha riferito su come si sia arrivati all'incriminazione della ragazza. Nell'udienza del 28 febbraio è stata ascoltata l'agente Moretti del Commissariato San Lorenzo; lei si è occupata delle intercettazioni telefoniche e ambientali. Chiamata a testimoniare anche Antonella Pirini, un'amica di Francesca che aveva abitato fino al 1999 nell'appartamento di San Lorenzo. Dopo aver vinto una borsa di studio, si era trasferita in Spagna e così nella sua stanza era subentrata Daniela Stuto. La Pirini non sa chi può aver ucciso la sua amica, ma non si sente di escludere nessuna ipotesi: Francesca - ha detto - era più triste e tormentata di quel che facesse credere. Era anche molto spaventata dalle minacce di morte che riceveva dalla moglie di Graziano Halilovic.

  • 22 gennaio 2002

    Omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione per futili motivi. Con questa accusa, lo scorso dicembre, il pm presso la procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio di Daniela Stuto. Il Tribunale del riesame, la scorsa settimana, ha respinto la richiesta di revoca delle misure cautelari presentata dal suo avvocato. Il prossimo 21 febbraio la giovane studentessa comparirà davanti ai giudici della II Corte di assise di Roma. "Chi l'ha visto?" ha raccolto l'importante testimonianza della capo infermiera del 118, che intervenne per ricoverare Francesca Moretti il 22 febbraio del 2000. Anche il suo racconto è coerente con quanto Daniela ha sempre detto: la crisi respiratoria di Francesca si era effettivamente aggravata in maniera evidente durante il tragitto verso l'ospedale. Tra le "bugie" di Daniela, secondo gli inquirenti, ci sarebbe l'affermazione che quel giorno, per un lasso di tempo, Francesca era rimasta da sola in casa. Secondo l'accusa, questo particolare rappresentava il tentativo di Daniela di spostare i sospetti su altre eventuali persone. Ma anche in questo caso "Chi l'ha visto?" può dimostrare che la ragazza ha detto la verità: "Quella mattina alle 11 - ha raccontato una testimone - ho telefonato a casa loro. Mi ha risposto Francesca dopo parecchio tempo, dicendomi che stava da sola. Era sofferente e affaticata, tanto che le ho chiesto se aveva bisogno di essere portata in ospedale, ma lei aveva risposto di no". Daniela avrebbe potuto essere rimessa in libertà l'8 gennaio per la scadenza dei termini; ma la ragazza, che si è sempre dichiarata innocente, ha chiesto di venire processata al più presto. Il Tribunale della libertà ha però decretato che rimanesse agli arresti domiciliari.

  • 30 ottobre 2001

    Il 25 ottobre si è tenuto un importante confronto in Procura, tra un'amica che abitava con Francesca e la madre della vittima. La mamma e la ragazza hanno confermato davanti al Pm ciò che avevano sostenuto nelle interviste rilasciate a "Chi l'ha visto?". Dunque a proposito delle affermazioni fatte dalla signora Moretti dopo la lettura del diario di Francesca, Daniela non aveva mentito, aveva detto la verità. Ora gli inquirenti hanno individuato nei cortisonici assunti da Francesca per curare la lombosciatalgia di cui soffriva il motivo del rallentamento degli effetti mortali del cianuro. Quindi l'iniezione di "Tora-dol" - che, va sottolineato, non contiene cortisone - effettuata da un dottore alle 11,15 di quella mattina giustificherebbe - secondo l'accusa - il lungo intervallo di tempo intercorso tra l'ingestione del cianuro sciolto nel fantomatico canarino e i primi sintomi dell'avvelenamento.

  • 16 ottobre 2001

    Il 26 settembre scorso Daniela Stuto e Mirela Nistor sono state convocate in procura per un confronto in sede di incidente probatorio. L'avvocato di Daniela Stuto aveva presentato al Gip l'istanza di revoca degli arresti domiciliari, mentre il Pm aveva richiesto la reclusione in carcere. Il giudice per le indagini preliminari ha respinto entrambe le istanze; Daniela, secondo il giudice, avrebbe continuato a mentire. Il cianuro, in dose massiccia, sarebbe stato somministrato a Francesca intorno alle 16 non più sciolto nella minestrina, ma in un "canarino" che Daniela era solita preparare alla sua amica. Secondo il Gip Daniela avrebbe mentito anche circa alcune affermazioni riferite dalla mamma di Francesca. La signora Moretti, dopo aver letto il diario della figlia, si era fatta un'idea di chi avrebbe potuto essere ad ucciderla, e aveva messo in guardia le sue amiche da pericoli incombenti. Secondo il giudice si tratterebbe di un racconto al limite della farneticazione. Ma secondo una testimonianza diretta, raccolta da "Chi l'ha visto?", Daniela avrebbe invece detto la verità.

  • 25 settembre 2001

    Il 18 settembre, durante un'udienza in sede di incidente probatorio, gli esperti medico legali e tossicologi incaricati dal Gip hanno depositato la perizia: Francesca Moretti è stata uccisa da una micidiale dose di cianuro. Tra il momento dell'ingestione e l'insorgere dei primi sintomi, secondo i periti, è trascorso pochissimo tempo, pochi minuti. Francesca dunque ha assunto il veleno pochi minuti prima delle 17. Ma a quell'ora Daniela Stuto, la principale sospettata dell'omicidio, non si trovava in casa.

  • 20 febbraio 2001

    Il giorno della morte di Francesca, Daniela aveva insistito perché l'amica si ricoverasse. La notizia viene confermata da Mirela, l'altra ragazza che divideva con loro l'appartamento di San Lorenzo. Mirela conferma anche il furto della sua borsa che conteneva le chiavi dell'appartamento. Ma - racconta la ragazza - su questa vicenda lei non è mai stata interrogata dagli inquirenti. Il tribunale della libertà ha depositato le motivazioni per le quali è stata respinta la richiesta di revoca delle misure cautelari nei confronti di Daniela Stuto. "La psiche della Stuto - si legge - appare quantomeno disturbata, trattandosi di persona che all'epoca dei fatti era in cura presso il Centro di Igiene mentale della zona". Secondo il direttore del dipartimento di salute mentale, l'idea che una persona che frequenta uno di questi centri sia automaticamente pericolosa e violenta è "vecchia e dura a morire". "Un terzo delle richieste vengono fatte da persone consapevoli delle proprie difficoltà, che hanno bisogno di un lavoro limitato nel tempo". A proposito del presunto tentativo di suicidio di Daniela durante l'adolescenza, la preside del liceo di Lentini, frequentato da Daniela, sostiene che "se ci fossero state difficoltà psicologiche di questo genere sarebbero emerse, e sarebbero state segnalate. Ma in tutta la sua carriera scolastica questo non è mai accaduto".

  • 6 febbraio 2001

    Prima di morire, Francesca stava organizzando una fuga con il suo fidanzato Graziano. La ragazza sarebbe dovuta passare per Pesaro, dove vivono i suoi genitori e lì Graziano sarebbe andato a prenderla per trasferirsi in un’altra città, di nascosto. Forse i due temevano ritorsioni da parte degli integralisti della comunità rom, che non vedevano di buon occhio il rapporto tra Halilovic e una donna di un’altra cultura. Nei giorni successivi alla morte di Vajro, il padre di Graziano, era iniziata nel campo nomadi di Ciampino una battaglia per la successione. Una settimana dopo, morirono lo zio di Graziano, e poi sua nipote in seguito ad un incendio. Nessuno degli appartenenti alla comunità è mai stato coinvolto nelle indagini sulla morte di Francesca, se non in modo marginale. Eppure, è la stessa moglie di Vajro che aveva dichiarato che l’omicidio potrebbe essere legato al “tradimento” di Graziano, che era stato designato da suo padre come futuro capo. Sono molti gli eventi che in questa vicenda appaiono ancora oscuri. Il bicchiere che stava sul comodino di Francesca non è mai stato analizzato. Le tisane che assumeva la ragazza sono state analizzate solo una settimana dopo la sua morte. Il suo diario, che poi è stato bruciato dalla madre, è rimasto per diversi giorni sulla scrivania, senza che nessuno lo sequestrasse: forse conteneva informazioni preziose.

  • 30 gennaio 2001

    Il responsabile del centro antiveleni del policlinico Gemelli di Roma afferma che l’intervallo massimo di tempo fissato dagli esperti tra l'ingestione di 200-250 milligrammi di cianuro e il manifestarsi delle prime crisi è di 15-20 minuti. Questo rende ancora più misteriosa la morte di Francesca Moretti. Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti sulle sue ultime ore di vita, la minestrina avvelenata sarebbe stata ingerita tra le 15 e le 15,30. Ma le condizioni fisiche della ragazza sarebbero precipitate tra le 16,30 e le 16,59, quando Mirela ha telefonato al fidanzato per chiedergli aiuto: era trascorsa più di un'ora, dunque, dall'ingestione della minestra incriminata. L’ambulanza è stata chiamata alle 17,20, e alle 17,42 la ragazza è stata ricoverata in ospedale per intossicazione. Il decesso è avvenuto due ore più tardi, alle 19,35. Graziano Halilovic, fidanzato di Francesca, interrogato dagli inquirenti ha raccontato di trovarsi in casa con la ragazza quando sarebbe apparsa la misteriosa ombra nel corridoio che porta alla cucina. A difesa di sua moglie, Fatima, l’uomo ha sostenuto che è tipico delle donne rom urlare minacce, che restano poi soltanto verbali. Francesca aveva detto diverse volte a sua madre e alle sue amiche che non le sarebbe accaduto niente di grave fin quando fosse vissuto Vajro, il padre di Graziano, che aveva un grande peso nella comunità rom. Ma Vajro è morto per infarto cardiaco il giorno prima del decesso di Francesca. Il suo corpo è stato riesumato, ed è stata effettuata l'autopsia.