Parma, 28/6/2011 - Ha sparato a zero sul suo predecessore Giovanni Maria Jacobazzi, l'ex comandante della polizia municipale di Parma (ha dato le dimissioni ieri dal carcere di via Burla) nel corso del processo agli otto vigili accusati del pestaggio di Emmanuel Bonsu Foster, il ragazzo ghanese arrestato durante un'operazione antidroga condotta dal Nucleo di pronto intervento della municipale di Parma. ''Gli agenti e tutti quelli che hanno partecipato all'operazione hanno avuto un atteggiamento omertoso'', ha spiegato Jacobazzi che è giunto in aula scortato da tre guardie carcerarie in quanto arrestato venerdì 24 scorso durante il blitz anticorruzione della guardia di finanza. "Il mio primo interlocutore è stato l'assessore Costantino Monteverdi, ma ho parlato della vicenda Bonsu anche con il sindaco e con l'ex comandante del Corpo Emma Monguidi, senza riuscire a ottenere più informazioni di quelle che erano contenute nelle relazioni di servizio, sulla base delle quali ho steso una relazione consegnata il 16 di ottobre'', ha continuato Jacobazzi. I fatti da accertare per il neocomandante del Corpo (Bonsu era stato illegittimamente arrestato il 29 settembre mentre Jacobazzi ha preso servizio il primo ottobre), riguardavano ciò che era accaduto durante l'operazione antidroga nel parco Falcone e Borsellino e, successivamente, nella centrale dei vigili in via del Taglio. Jacobazzi ha spiegato di essersi trovato fin da subito di fronte ad una situazione paradossale: ''La Monguidi mi disse che lei non c'era e che quindi avrei dovuto chiedere a chi aveva gestito l'operazione, ma in breve mi accorsi che non era stato firmato nessun ordine di servizio che autorizzasse l'azione in borghese, che non erano immediatamente identificabili gli agenti, i funzionari e i dirigenti che vi avevano preso parte e che non avevo documenti che spiegassero cio' che era accaduto nel corso della stessa operazione''. Jacobazzi ha descritto il suo ruolo in quei giorni come quello di chi deve applicare la ''maiueutica socratica'' ai vigili al fine di scoprire l'accaduto. Per quanto riguarda invece la supposta ''divulgazione di documenti d'ufficio relativi all'accaduto'' (le relazioni di servizio individuali) che furono pubblicate dal settimanale Panorama, Jacobazzi ha spiegato di essere estraneo alla vicenda e di non essersi neppure preoccupato di appurare chi avesse potuto consegnare tali documenti al giornalista ma di essere a conoscenza che il giornalista ''fu chiamato dal Comune che aveva bisogno di recuperare una buona immagine dopo la pessima impressione che la vicenda Bonsu aveva trasmesso''. ''Dopo essermi insediato nel mio ufficio decisi, in accordo con l'Amministrazione di Parma, di sospendere gli agenti e di avviare un'inchiesta interna che non si è ancora conclusa perché si attende la decisione del Tribunale penale. Ma prima ancora decisi di sciogliere il Nucleo di pronto intervento perché ritenevo che non esistessero le condizioni per poterlo mantenere in vita''. Jacobazzi ha spiegato inoltre di non essere a conoscenza di alcuna relazione destinata alla Prefettura di Parma e, presumibilmente, al ministro Maroni che all'epoca, secondo alcune ipotesi venute a galla in dibattimento, avrebbe richiesto informazioni precise su quanto accaduto a Parma.