Bologna, 16/5/2011 - "Al di là di ogni tecnicismo, la domanda è una sola: cosa aveva fatto di male Federico quella mattina? Che reato aveva commesso? Ed è terribile, oggi, dover rivivere tutto daccapo. Spero solo che la condanna di primo grado venga confermata'': Lino Aldrovandi oggi era in aula a Bologna alla prima udienza del processo d'Appello per la morte di Federico, il figlio diciottenne rimasto ucciso il 25 settembre 2005 durante un intervento di quattro agenti di polizia a Ferrara. Al fianco di Lino, Patrizia Moretti, la mamma di Federico, e Stefano, il figlio più piccolo: tutti insieme oggi hanno rinunciato, revocandola formalmente attraverso il loro legale Riccardo Venturi, alla costituzione di parte civile dopo aver ottenuto il risarcimento dallo Stato, per quasi di 2 milioni di euro, quello Stato cui, dicono, insieme abbiamo lasciato il testimone per avere giustizia. La giornata di oggi è stata dedicata alla lunga relazione di oltre 500 pagine del giudice Luca Ghedini (il collegio è formato anche dalla presidente Magagnoli e a latere Franca Oliva), che ha riassunto la motivazione della sentenza di primo grado - con cui il giudice Caruso condannò a 3 anni e 6 mesi i quattro agenti imputati eccesso colposo nell'omicidio colposo - e le motivazioni dell'Appello delle difese. All'attenzione dei giudici saranno sottoposte le richieste del collegio difensivo, che comprendono tra l'altro una nuova perizia medico legale sulle cause della morte del giovane, un ulteriore sopralluogo sul luogo della tragedia (via Ippodromo), l'acquisizione dei reperti istologici di uno dei periti di parte, il cardiologo Rapezzi, rigettate dal primo giudice, e un confronto tra i medici legali Malaguti-Lumare (estensori della relazione sui risultati dell'autopsia della procura) e il perito di parte civile Zanzi. Nel corso del dibattimento quest'ultimo aveva infatti sostenuto di non aver visto i colleghi incidere la parte del cuore di Federico dove in seguito il professor Gaetano Thiene, chiamato a fine istruttoria dalle parti civili, aveva individuato la causa del decesso nell'interruzione del fascio di His a seguito di compressione: fu ritenuta una delle prove fondamentali sulle cause della morte del ragazzo, causata dalla compressione dovuta alla immobilizzazione degli agenti. Le difese contestano questa conclusione, perché stabilita non dall'esame autoptico ma dall'analisi di una fotografia, letta dal consulente della parte civile, il professor Thiene, uno dei massimi cardiologi mondiali. E pertanto chiedono una perizia sopra le parti.
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