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Scomparso

E' Zoran, non è Antonello Tuvoni

Edizione:2006/2007
Data pubblicazione:05/02/2007

La mattina del 28 agosto 1974 Antonello Tuvoni, un bambino di 3 anni e otto mesi, stava giocando in una strada di Torpè (Nuoro). La madre rientrò in casa per lavargli un grappolo d’uva e quando uscì il bimbo non c’era più. I giornali dell’epoca si occuparono a lungo del caso che peró non trovò soluzione. La madre non si riprese mai dalla perdita. Nel 1988, poco dopo la sua morte, il padre venne contattato da un istituto di Elmas (Cagliari) che gli presentò un ragazzo diciassettenne che affermava di essere il figlio scomparso e di essere stato rapito da alcuni zingari che lo avevano ribattezzato Zoran. L’uomo si convinse di trovarsi di fronte il figlio Antonello e lo accolse in casa. La vicenda fu ripresa dalla trasmissione di Rai Tre "Posto pubblico nel verde" e furono organizzati festeggiamenti anche dal comune di Nuoro, ma dopo un circa anno i rapporti divennero difficili. Il ragazzo venne rimandato in istituto, il signor Tuvoni lo disconobbe e, a causa del suo comportamento, non volle saperne più nulla né volle sottoporsi al test del Dna. Decisioni che conferma ancora oggi.
Il giovane adesso vive per strada, accudito dagli abitanti di un quartiere signorile di Cagliari e la sua vicenda è stata ripresa da un articolo del giornalista Paolo Carta, dell’ "Unione sarda". L'Università di Cagliari si è resa disponibile a effettuare un confronto del suo Dna con quello di alcuni parenti di Antonello Tuvoni che hanno accettato anche per chiarire definitivamente la questione.

  • 12 febbraio 2007

    Una spettatrice ha contattato la redazione per raccontare che, poco dopo la scomparsa di Antonello Tuvoni, rispose ad una chiamata anonima arrivata al posto telefonico pubblico di Siniscola (a pochi chilometri da Torpè) dove lei lavorava. Una voce concitata diceva: "Fate presto, avvertite i Carabinieri. Il bambino di Torpè si trova in Via Cavour 5, a Olbia", aggiungendo che lo avrebbero imbarcato su una nave delle linee Canguro per Genova. La stessa signora ha rivolto un appello all’uomo che chiamò, affinché chiarisca meglio oggi le ragioni di quella telefonata, anche rimanendo anonimo.
    Nel fascicolo sulla scomparsa del bambino non è documentato un intervento immediato degli inquirenti subito dopo l’allarme lanciato dalla donna all’epoca. Le forze dell’ordine avrebbero controllato il luogo, senza esito, a metà gennaio del 1975 dopo l’arrivo di una lettera anonima alla madre di Antonello Tuvoni che ne segnalava la presenza allo stesso indirizzo di Olbia (Sassari).
    In una intervista del 17 maggio 1975 al programma Rai "AZ un fatto: come e perché", Stefania Lai, madre di Antonello Tuvoni, lo ricordò addolorata come un bambino vivace, bello e molto intelligente in rapporto all’età. Secondo la donna, si sarebbero dovuti controllare subito aerei e navi, perché lei era convinta che probabilmente il bimbo venne imbarcato la sera stessa del rapimento. Nel luglio del 1988, senza essersi mai ripresa dalla perdita del figlio, la signora Lai si ammalò e si spense.

    Dopo avere accolto in casa il giovane che diceva di essere suo figlio rapito dagli zingari, il padre di Antonello Tuvoni raccontò al programma di Rai Tre, "Posto pubblico nel verde" di Lio Beghin, del 22 novembre del 1988, di non aver mai pensato che il figlio fosse morto e che anche in paese era circolata subito la voce che fossero stati alcuni zingari a rapirlo. "Ci sono particolari che non si possono cancellare e che solo il padre o la madre possono riconoscere", erano state le parole con le quali aveva spiegato allora l’identificazione del giovane nomade con il figlio scomparso. Per il suo intuito paterno gli occhi e i gesti erano quelli di suo figlio. Anche la sorella di Stefania Lai ha ricordato che lei stessa si era convinta quando aveva visto il modo di sorridere del presunto nipote, specialmente quando aveva verificato che anche lui presentava la malformazione al mignolo di un piede indicatale dalla madre, prima di morire, come segno distintivo.
    Sempre al programma di Rai Tre, il giovane raccontò la sua versione del rapimento: mentre stava giocando sarebbe arrivata un’auto con tre zingari a bordo, uno dei quali gli avrebbe detto di salire, perché la mamma lo stava cercando. Invece lo avrebbero portato a Cagliari e quindi a Roma. Il capo del gruppo, che si sarebbe chiamato "Bosco", lo avrebbe costretto a rubare, picchiandolo se tornava a mani vuote. Affidato ad un’altra famiglia dell’accampamento, in seguito sarebbe scappato.

    In questi anni, in occasione dei suoi arresti per piccoli reati, Zoran è stato identificato nei verbali come Antonello Tuvoni. Solo l’esame del Dna metterà la parola fine alla vicenda. Il test sarà possibile grazie alla disponibilità della zia materna e di un cugino appartenente al ramo paterno.

  • 19 febbraio 2007

    Grazie alla telefonata di una telespettatrice si è saputo che, quando aveva 12 anni e vagava per le strade di Cagliari, il presunto Antonello Tuvoni fu raccolto e assistito per un po’ di tempo da una signora, Giovanna, madre di quattro figli. I due si sono incontrati di nuovo dopo molti anni e la signora ha raccontato come andarono le cose. Il ragazzo era stato trovato su un vagone ferroviario da una donna che faceva le pulizie alla stazione. Ma aveva già una famiglia numerosa, così fu una vicina di casa, la signora Giovanna, a farsene carico. Zoran parlava pochissimo italiano e, a una persona che comprendeva la lingua degli zingari, raccontò di venire da Skopje (Macedonia), parlando anche allora di un suo rapimento e di maltrattamenti subiti. Era talmente terrorizzato che un giorno, alla vista di un gruppo di zingari, aveva cominciato a tremare, cercando nascondersi in un portone. La signora Giovanna si rivolse al Tribunale per ottenere l’affidamento, ma alla fine il ragazzo venne mandato dai Frati dell’Addolorata e i due si persero di vista.

    Hanno contattato il programma anche i parenti di una donna che viveva nello stabile di Via Cavour 5 a Olbia (Sassari), dove anonimi avevano segnalato la presenza del bambino di Torpè pochi giorni dopo la sua sparizione. La figlia della donna ha raccontato che a quel tempo il palazzo era abitato da brava gente: oltre a lei e alla madre, un rinomato parrucchiere, ora venuto a mancare, e una coppia di sposi allora ancora senza figli.

    Antonio Rojch, del TGR Rai Sardegna, ha intervistato Mario Tuvoni, padre di Antonello. L’uomo ha raccontato di aver allontanato Zoran da casa quando si convinse che non era il figlio scomparso. Il signor Tuvoni ha detto di non aver ritenuto necessario il test del Dna, perchè Antonello era affetto da favismo, una malattia ereditaria da cui non si guarisce, mentre Zoran noTuttavia si è detto disponibile ad un esame anche se è convinto che il figlio sia morto, vittima di un incidente e non di un rapimento, escludendo inoltre la presenza di zingari a Torpè all'epoca dei fatti. Paolo Carta e Fabrizio Ungredda de “L’Unione Sarda”, insieme al prof. D’Aloia dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Cagliari, hanno chiesto al signor Tuvoni di sottoporsi al test, ricevendo un rifiuto.

    Il giorno che Antonello Tuvoni sparì stava giocando con il fratello Bruno, maggiore di un anno, che ha raccontato cosa successe. Mentre la mamma stava lavando un grappolo d’uva, lui e il fratellino erano seduti sui gradini di casa. Ad un certo punto, Antonello si allontanò. La mamma gli disse di chiamare il fratello, ma le sue grida rimasero senza risposta. Bruno Tuvoni ha ricordato gli elementi di somiglianza di Zoran con la sua famiglia, come la bocca, la carnagione, il fisico e la malformazione al mignolo del piede come quella della sorella e del padre. Gli manca invece il neo sulla spalla destra che aveva Antonello.

  • 26 febbraio 2007

    Nel collegamento con via Satta, la strada di Cagliari dove vive il presunto Antonello Tuvoni, gli abitanti della zona si sono stretti intorno a lui. Il titolare del bar frequentato da Zoran ha raccontato che lui è arrivato nel quartiere durante l’estate del 2006 conquistandosi la solidarietà e l’aiuto di tutti. Dopo molti anni è venuta a incontrarlo la sorella della madre di Antonello Tuvoni, colei che si è sottoposta al test del Dna. La signora Maria Rosa ha detto di avere comunque a cuore la sorte di Zoran, al di là dell'esito del test. A questo proposito l’assessore alle politiche sociali del Comune di Cagliari, Angelo Vargiu, ha assicurato che gli verrà data l’assistenza necessaria. Intanto Mario Tuvoni, il padre di Antonello, ha deciso di sottoporsi al test del Dna presso l’Istituto di Medicina Legale di Sassari.

  • 1 marzo 2007

    E' stato reso noto l'esito del test del Dna effettuato per iniziativa del quotidiano "L' Unione Sarda" presso l'Istituto di Medicina Legale dell’Università di Cagliari: Zoran non è Antonello Tuvoni.

  • 6 ottobre 2008

    Continua il mistero sull’identità di Antonello Satta Una donna croata è rimasta colpita dalla storia di Antonello, l’uomo senza identità che vive in via Satta a Cagliari. In lui, la donna ha creduto di riconoscere il figlio, Dragan Olaj, rapito a Pola il 4 aprile 1966, mentre giocava in cortile con un amico. Sarà il test del dna a chiarire il mistero.

  • 24 dicembre 2014

    Antonello Satta è deceduto nella comunità di Assemini dove era ospite dopo aver subìto un pestaggio qualche giorno di prima di Pasqua. Ne ha dato notizia ieri l’ “Unione Sarda”, il quotidiano che insieme a “Chi l’ha visto?” ha seguito le sorti dell’uomo che viveva per strada in via Satta. Da questo luogo deriva il cognome che si legge nei documenti concessigli dal Comune di Cagliari qualche anno fa. Il nome di battesimo anagrafico, invece, è legato alla controversa vicenda della sua pretesa di essere in realtà un bimbo scomparso nel 1974, Antonello Tuvoni. Alla fine il Dna smentì definitivamente ogni legame con i familiari del bambino. Il racconto di una spettatrice, che si era presa cura di lui quando aveva 12 anni, permise di risalire alle sue origini di rom macedone e al suo nome, Zoran. Questo non aveva posto fine alla solidarietà nei suoi confronti, fino all’aggressione di una banda di balordi in via Buoncammino.